giovedì, aprile 17, 2008

Non ci sono santi... in questa povera Patria





Mi fanno scoprire con piacere questa rubrica tenuta da Gabriele Romagnoli su Repubblica : Navi in Bottiglia.

G.Romagnoli è uno scrittore di cui ignoravo l'esistenza, presto sarà colmata.

Questo suo articolo per la rubrica è uscito oggi, è l'epilogo di un suo romanzo, e ben si addice a questo momento.



Non ci sono santi
(dall'epilogo al libro omonimo, Mondadori, 2005)

Non riesco a fermarmi a lungo in Italia. Non so barattare la serenità delle certezze con il dono dell'estraneità. E mi basta vedere un qualsiasi telegiornale per avere manifestazioni di allergia: al contenuto come alla forma. Una volta ho ritagliato da una rivista una pubblicità con questo slogan: "Non occorre che tu sappia da che cosa stai scappando per diventare un fuggitivo". E con questo mi sono trovato un alibi. Tuttavia so da che cosa scappo.

Ho letto un articolo della Boston Review dal titolo: "La morale universale". Sommario: "Ci sono dei valori innati condivisi da tutti gli esseri umani?". Si parla di uno studio sui bambini condotto in Francia da Emmanuel Dupoux, usando filmati con attori umani. Trascrivo: "In uno di questi, l'uomo buono butta giù uno zaino da uno sgabello, aiuta una bambina che sta piangendo a salirci sopra e la conforta. Nel secondo filmato l'uomo cattivo butta giù la bambina dallo sgabello e consola lo zaino. L'esperimento è organizzato in modo che il pianto, la spinta e la consolazione siano simili in entrambi i filmati. Dopo averli visti i bambini possono scegliere se guardare l'uomo buono o quello cattivo, oppure avvicinarsi a uno dei due. A quindici mesi, tutti i bambini guardano di più l'uomo cattivo ma si avvicinano di più a quello buono".

Ecco, io ho l'impressione che gli italiani non solo guardino di più l'uomo cattivo, ma gli si avvicinino pure, perfino con un certo entusiasmo, che l'esperienza delle fregature subite non vale a spegnere.

Dirò di più. Se avessi fatto il test, credo che avrei avuto la tentazione di guardare e avvicinare l'unica presenza bisognosa di appoggio: la bambina in lacrime. Tuttavia, ampliando lo spettro di possibilità c'è il rischio che il pubblico italiano, a milioni, si fissi piuttosto sullo zaino, almeno per vedere se contiene qualcosa di interessante. Sono anni ormai che nel programma televisivo di punta un tipo ci mette mezz'ora per aprire un pacco e scoprire che cosa c'è dentro.

E che cosa conterrà mai? "Un mondo di crimini, alienazione, apparenza", soprattutto apparenza, "l'arroganza degli uni, l'umiliazione degli altri". Un Paese che gioca con le illusioni, si convince di avere un futuro perché ha avuto un passato. E non si accorge del declino, che non è quello raccontato dalle cifre dell'economia. E' nel sogno di scorta delle avvocatesse, nelle ricette balzane dei medici, nelle consapevoli bugie dei comunicatori, nel fatto che le prostitute siano spesso più oneste dei carabinieri, nel riparo all'ombra dei pregiudizi, nel tramonto di una generazione che fu più decente...

... Piero Gobetti morì in esilio a Parigi a soli venticinque anni. Credeva nella storia come processo continuo di libertà, in un impegno che anteponesse la legalità agli interessi particolari. Giudicò il fascismo "autobiografia della nazione". Stiamo continuando a scrivere da noi la nostra storia. Chi ci dirige è uno specchio, benché talora deformante. Per cambiare l'immagine riflessa possiamo soltanto cambiare noi. Votarsi a chiunque altro sarebbe una preghiera al vuoto. Non ci sono santi.



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